Onlus, estinzione di una specie (note operative)
Onlus, estinzione di una specie (note operative)
1. L’ESTINZIONE DELLE ONLUS
1.1. Genesi delle Onlus
In un contesto normativo per lo più immutato dal 1942 la disciplina degli enti non profit ha registrato, a partire dagli anni ’90, una serie di interventi legislativi nel segno del riconoscimento da parte dell’ordinamento giuridico della pubblica rilevanza e utilità del privato sociale.
Il legislatore è intervenuto più volte, a partire dalla Legge 11 agosto 1991, n. 226, che ha introdotto la figura delle Organizzazioni di Volontariato (ODV), alla quale hanno fatto seguito la Legge 8 novembre 1991, n. 381, che disciplina le cooperative sociali, il D. Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, che ha istituito le Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale (Onlus), e la Legge 7 dicembre 2000, n. 383, che ha introdotto le Associazioni di Promozione Sociale (APS). Tutte queste disposizioni hanno un comune denominatore: accordare agevolazioni pubbliche, per lo più fiscali, per favorire l’esercizio da parte di enti privati non profit di attività ritenute di interesse pubblico.
Le norme in esame, conseguentemente, non si sono occupate della struttura giuridica degli enti, che rimane quella prevista dal codice civile, ma hanno disciplinato l’attività istituzionale, imponendo vincoli statutari come presidio di meritevolezza per l’accesso alle provvidenze pubbliche, senza particolari preoccupazioni di ordine tipologico.
Il non profit rimane così affidato alle disposizioni del Libro Primo del Codice Civile, per associazioni, fondazioni e comitati, e a quelle del Libro Quinto del Codice Civile per le cooperative e le società costituite come imprese sociali.
Il focus legislativo si concentra quindi sul controllo della effettiva attività esercitata, più che sulla struttura dell’ente che la esercita; purché si tratti di un ente non profit, le disposizioni in esame prescindono dal tratto tipologico, come pure prescindono dalla circostanza che l’ente sia dotato o meno di personalità giuridica.
Questa tendenza alla neutralità tipologica ha assunto il massimo grado nelle disciplina delle Onlus che, forse per questa ragione, risultano essere, nell’ambito del non profit, la categoria più numerosa. L’art. 10 del D.Lgs.460/97 si limita infatti a definire le Onlus come enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti prevedano:
- lo svolgimento di attività in uno o più settori determinati [individuati all’art. 10, co. 1, lettera a) del Decreto Legislativo];
- il perseguimento esclusivo di finalità di solidarietà sociale;
- il divieto di distribuzione degli utili.
Quanto alla struttura giuridica, il legislatore ha aperto quanto più possibile il ventaglio delle opzioni, prevedendo che Onlus possano essere associazioni, fondazioni, comitati, imprese sociali ed anche “altri enti di carattere privato“; nozione quest’ultima che, nelle sua indeterminata vaghezza, ha consentito di annoverare tra le Onlus entità non certo autoctone quali, ad esempio, i Trust.
Tutte le altre norme del D.Lgs. contengono prescrizioni di natura essenzialmente fiscale.
Vi è, infine, l’aspetto pubblicitario: la qualifica di Onlus dipende dalla iscrizione dell’ente nell’Anagrafe delle Onlus, che a riprova della matrice fiscale della categoria, così come definita dall’art. 11, co. 2, D.Lgs. 460/97, non è elemento costitutivo della fattispecie, bensì “condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni” previste dalla Legge.
Detta Anagrafe viene affidata, per logica coerenza, alle cure dell’Agenzia delle Entrate, con poteri di controllo, anche statutario, e di sanzione, mediante cancellazione dal Registro.
Per apprezzare lo spirito deregolamentativo del legislatore Onlus, vale infine la pena di notare che l’iscrizione a detta anagrafe, diversamente da quanto oggi previsto per gli Enti del Terzo Settore nel Runts, non era assistita da alcun controllo all’accesso, ma accordata per silenzio assenso sulla base di istanza proposta dall’ente medesimo.
1.2. La fine delle Onlus
L’intero quadro normativo che disciplina gli enti non profit ha subito un profondo cambiamento avviato con la Legge 6 giugno 2016, n. 106, intitolata “Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale” alla quale hanno fatto seguito i due Decreti Legislativi del 3 luglio 2017, il n. 112, in materia di impresa sociale, e il numero 117 (Codice del Terzo Settore o CTS) in materia di Enti del Terzo Settore (ETS), i quali, nel delineare un nuovo assetto fiscale ma (questa volta) anche civilistico, hanno innanzitutto abrogato, seppur con tempi e modalità diverse, la preesistente normativa, secondo il principio regolatore della continuità funzionale, o meglio, della non discontinuità.
La norma generale di abrogazione, contenuta nell’art. 102 CTS, prevede infatti:
a) l’abrogazione immediata:
- della Legge 266/91 in tema di organizzazione di volontariato,
- della Legge 383/2000 in tema di associazione di promozione sociale;
b) l’abrogazione differita del D.Lgs. 460/97, in tema di Onlus, a far data dall’istituzione del RUNTS e dal “periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea” (art. 104, co. 2, CTS); il differimento dell’abrogazione della normativa Onlus si è reso necessario per armonizzare le nuove disposizioni al sistema giuridico comunitario, soprattutto di matrice fiscale[1].
L’Autorizzazione è stata infine accordata dalla Commissione Europea con una “comfort letter” del giorno 8 marzo 2025[2], che è stata interpretata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come sufficiente per ritenere verificata l’ipotesi normativa contenuta nell’art. 104, co. 2, CTS[3]. Allo scopo di non lasciare alcun dubbio, è comunque intervenuto il legislatore con l’articolo 8, co. 1, lettera b), del D.L. 17 giugno 2025, n. 84, convertito in Legge 30 luglio 2025, n. 108, per mezzo del quale è stato modificato il secondo comma dell’art. 104 CTS, il quale prevede oggi che “Le disposizioni del titolo X (…) si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025”[4].
La norma che imponeva come condizione dell’abrogazione della disciplina delle Onlus l’approvazione delle misure fiscali del CTS da parte della Commissione Europea è dunque stata sostituita – con il Decreto di giugno – da un termine, quello del 31 dicembre 2025, decorso il quale la disciplina delle Onlus sarà quindi definitivamente abrogata.
1.3. Cancellazione dall’anagrafe delle Onlus
Dal punto di vista degli effetti l’abrogazione delle Onlus è disciplinata dall’art. 34 del Decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali n. 106 del 15 settembre 2020, nel quale si prevede che l’iscrizione al Runts deve essere richiesta dalla Onlus entro il 31 marzo 2026[5].
I commi 12 e 13 dell’art. 34 D.M. 106/2020 stabiliscono inoltre che, se la procedura di iscrizione della Onlus nel Runts è richiesta entro detto termine, la qualifica di ETS si intende acquisita, in caso di esito positivo, a decorrere dall’inizio del predetto periodo di imposta, ossia dal 1° gennaio 2026.
Da un punto di vista generale occorre osservare che questo D.M. contiene una distinzione fra quella che potremmo chiamare cancellazione progressiva (o novativa) e cancellazione regressiva.
Si ha cancellazione novativa (nel senso di passaggio dal sistema abrogato a quello nuovo) nell’ipotesi di Onlus che intenda proseguire la sua attività nella nuova configurazione di ETS mediante iscrizione nel RUNTS, da richiedersi entro il termine del 31 marzo 2026.
Questa iscrizione comporta, ipso jure, la cancellazione dall’anagrafe delle Onlus, ma “non integra un’ipotesi di scioglimento dell’Ente ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 10 co. 1 lettera f) del D.Lgs. 4 dicembre 1997 n. 460“. Questo è il “premio” attribuito alla novazione, intesa come mantenimento dell’ente nel campo stretto del non profit agevolato.
La diversa opzione, ovvero la cancellazione dall’anagrafe delle Onlus senza tempestiva iscrizione nel RUNTS, viene considerata dal legislatore come regressiva, poiché comporta fuoriuscita dal non profit agevolato e, in quanto tale, viene colpita con la revoca delle agevolazioni fiscali e l’obbligo di devoluzione del patrimonio.
A titolo meramente descrittivo vale la pena di notare, infine, che questa doppia modalità di cancellazione, novativa e regressiva, genera ed evidenzia una doppia valutazione legislativa degli enti non profit: da una parte il non profit che l’art. 5 del D.lgs 117/2017 definisce di “interesse generale” in quanto destinato a perseguire “finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale“, dall’altra quello residuale, che per esclusione potremmo chiamare non profit disinteressato, senza paura di essere equivocati, visto che la natura di ente senza scopo di lucro esclude a priori l’esistenza di interessi individuali.
1.4. Devoluzione del patrimonio a seguito di cancellazione
Da un punto di vista operativo, bisogna ora analizzare la principale conseguenza della cancellazione di una Onlus dall’anagrafe, ossia la devoluzione del patrimonio.
Il rilevante numero di Onlus che ad oggi non ha ancora assunto alcuna determinazione conseguente all’abrogazione della disciplina prevista dalla Legge 4 dicembre 1997, n. 460, induce a ritenere che molti saranno ancora gli enti dotati di questa qualifica che alla data del 31 marzo 2026 non avranno presentato domanda per la loro iscrizione nel Runts.
Il mancato adeguamento comporta infatti, a norma dell’art. 34, co. 14, D.M. 106/2020 (salvo ripensamenti o modifiche da parte del legislatore), l’insorgere dell’obbligo di devoluzione del patrimonio, ai sensi dell’articolo 10, co. 1, lettera f) del decreto legislativo n. 460 del 1997.
La devoluzione dell’intero patrimonio a favore di altre Onlus o per fini di pubblica utilità è in effetti espressamente prevista dall’art. 10, co. 1, per il solo caso di scioglimento dell’ente. Nella prassi amministrativa, tuttavia, si è affermata la lettura secondo la quale la devoluzione sia dovuta in ogni caso il cui l’ente perda la qualifica di Onlus[6].
L’art. 34, co. 14, D.M. 106/2020 fa dunque sorgere un obbligo generale di devoluzione del patrimonio dell’ente in conseguenza della mancata iscrizione nel RUNTS, ciò, nonostante l’art. 10, co. 1, lettera f), D.Lgs. 460/1997 disponga l’obbligo di devoluzione del patrimonio come conseguenza dello scioglimento dell’ente, non già della cancellazione dall’Anagrafe delle Onlus. Parallelamente l’art. 11 del medesimo D.Lgs. 460/1997 prevede che la iscrizione all’Anagrafe delle Onlus sia “condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni“.
Abbiamo così una situazione poco lineare: un Decreto Ministeriale, il 106/2020, che si occupa di regolamentare il funzionamento del RUNTS, contiene una disposizione che di fatto modifica una legge ordinaria, quale è il decreto Onlus. Non solo; l’obbligo di devoluzione dell’intero patrimonio potrebbe determinare lo scioglimento dell’ente; si pensi ad una Onlus che sia ente riconosciuto nel quale l’entità minima del patrimonio sorregge la concessione della personalità giuridica.
Abbiamo inoltre una disposizione di matrice fiscale che inciderebbe sulla sostanza giuridica di un ente.
Facciamo l’esempio di una Fondazione costituitasi con una dotazione privata la quale abbia successivamente ottenuto la qualifica di Onlus; in caso di mancata iscrizione nel RUNTS la devoluzione avrebbe ad oggetto anche la dotazione iniziale del Fondatore con conseguente impossibilità per la Fondazione di continuare la propria attività istituzionale.
In coerenza con quanto sopra esposto si potrebbe quindi ritenere che la conseguenza della mancata migrazione nel RUNTS non sia la perdita dell’intero patrimonio della Onlus, ma soltanto di quella parte che sia correlata all’avvenuta percezione dei benefici fiscali, ossia il c.d. “patrimonio incrementale“[7].
In tal senso non saranno oggetto di devoluzione gli apporti originari fatti dai privati: si pensi alla dotazione iniziale in una fondazione, ossia la parte di patrimonio che esisteva prima della iscrizione nell’anagrafe delle Onlus.
Diversamente opinando si finirebbe per assumere che la perdita di uno status fiscale possa determinare l’estinzione “tout court” dell’ente con tutte le conseguenze sul piano quantomeno dell’affidamento dei terzi; tutto ciò senza dimenticare quanto sopra detto e cioè che l’iscrizione nella anagrafe delle Onlus è stata prevista dalla Legge unicamente quale “condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni” (art. 11, co. 2, D.Lgs. 460/97).
Vi è infine un tema di coordinamento con le disposizioni del Codice Civile, artt. 26 e segg., che, per le Onlus iscritte nel registro delle persone giuridiche, prevedono che l’accertamento delle cause di estinzione e il conseguente scioglimento siano di competenza esclusiva dell’autorità amministrativa.
Quanto sopra esposto sembra dunque avvalorare la tesi secondo la quale, nel caso in cui l’ente, già Onlus, non intenda estinguersi, ma soltanto continuare ad operare senza assumere la qualifica di ETS, esso sarebbe tenuto alla devoluzione di quella parte del suo patrimonio che corrisponde all’incremento realizzato nei periodi di imposta in cui esso aveva la qualifica di Onlus. Il tutto sulla base di una valutazione comparativa tra il patrimonio complessivo al momento della acquisizione della qualifica di ONLUS e quello esistente al momento in cui ha perduto tale qualifica.
1.5. I trust Onlus
Considerazione particolare meritano infine i c.d. trust Onlus, ossia quelle strutture organizzative o “altri enti di carattere privato” che abbiano ottenuto, di regola per effetto di silenzio assenso, la iscrizione nell’anagrafe delle Onlus.
Ricordiamo che tale iscrizione aveva beneficiato dell’avvallo da parte della (oggi soppressa) Agenzia per il Terzo Settore[8] sulla base della riconosciuta soggettività tributaria dei trust[9].
Il medesimo tema si è, naturalmente, (ripro)posto per gli ETS seppur, ad oggi, con esito negativo. L’interpretazione comune dell’art. 4 del D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 117, che individua soggettivamente gli ETS nelle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, associazioni, riconosciute o non riconosciute, fondazioni e infine “negli altri enti di carattere privato, diversi dalle società“, non consente di annoverare i trust in quest’ultima categoria residuale.
Le ragioni di questa interpretazione restrittiva, a differenza di quella utilizzata per le Onlus, non sono chiare.
La Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 9 del 22 aprile 2022, a supporto di questa posizione, ha affermato che il trust “non è un soggetto giuridico, ma piuttosto un insieme di beni e rapporti con effetto di segregazione patrimoniale, non rilevando ai fini della conformazione della soggettività giuridica l’attribuzione della soggettività tributaria“[10].
Nello stesso senso si è pronunciato il Tar Campania, con la sentenza del 24 maggio 2023[11].
Si tratta, a nostro avviso, di una posizione tutta da verificare sul piano delle norme la quale, se da un lato si sbarazza in fretta di un tema ostico in tutti i sensi, dall’altro lascia uno spazio che rischia di venire, seppur temporaneamente, occupato da prassi poco stabili e motivate, foriere di difficili contenziosi.
Da risolvere resta comunque il connesso tema della sorte dei trust già Onlus che, non potendo divenire degli ETS, si vedranno costretti a difficili operazioni di devoluzione del Fondo in trust le quali, con ogni probabilità, saranno in conflitto con le disposizioni dell’atto istitutivo e delle leggi regolatrici.
Sul punto registriamo l’intervento della Legge 4 luglio 2024, n. 104, che nel modificare l’art. 101, co. 8, CTS, ha previsto che il trust che abbia perduto la qualifica di Onlus a seguito dell’abrogazione del D.Lgs.460/1997 non è tenuto a devolvere il proprio patrimonio, a condizione che il suo statuto (da intendersi come l’insieme delle regole che disciplinano il funzionamento del trust) preveda espressamente lo svolgimento, con modalità non commerciali e senza finalità di lucro, di una o più attività di interesse generale di cui all’articolo 5 del CTS, e che i beni che vi sono stati conferiti siano destinati stabilmente allo svolgimento delle suddette attività[12]. In caso di scioglimento per qualunque causa del trust o di soppressione o modifica delle clausole che garantiscono lo svolgimento delle attività di interesse generale, l’assenza della finalità di lucro e la stabile destinazione dei beni, i trust sono tenuti a devolvere il patrimonio ad altro ente con finalità analoghe, sentito il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Si tratta, più che di una vera e propria soluzione, di una presa d’atto da parte del legislatore di un problema che vediamo ancora intatto e di esito incerto e lontano; ci auguriamo almeno che ciò contribuisca a scoraggiare pratiche e prassi avventate.
2. INDICAZIONI OPERATIVE PER GLI ADEGUAMENTI
2.1. Adeguamento statutario e migrazione della Onlus verso il RUNTS
Si è già osservato che l’esigenza di mantenere lo status di ente agevolato indurrà la maggior parte delle attuali Onlus ad iscriversi nel RUNTS, che per tale ragione deve ritenersi la naturale prosecuzione dell’anagrafe delle Onlus.
Il passaggio dalla anagrafe delle Onlus al RUNTS comporta conseguenze non solo sul piano fiscale, ma anche e soprattutto sul piano della sostanza giuridica, considerato che il CTS è un corpo di norme civilistiche e fiscali.
La migrazione verso il RUNTS non è un fatto automatico, ma richiede una specifica operazione di adeguamento statutario che potrà riguardare, a seconda dei casi:
- la modifica della denominazione, con la sostituzione della locuzione Organizzazione non lucrativa di utilità sociale o dell’acronimo Onlus con quella di Ente del Terzo Settore, Impresa Sociale, Organizzazione di Volontariato, Associazione di promozione sociale, Ente Filantropico o con i relativi acronimi[13];
- la rideterminazione dell’oggetto statutario in conformità a quanto previsto dall’art. 5 del CTS o dall’art.3 del D. Lgs. 112/17 per le imprese sociali;
- il mantenimento o la riconfigurazione della struttura causale od organizzativa dell’ente con i conseguenti adattamenti dello statuto. Il passaggio al RUNTS non avviene necessariamente in regime di parità di tipo; non si può escludere infatti che in occasione di detto passaggio l’ente possa operare una trasformazione;
- l’acquisizione o il mantenimento della personalità giuridica, ex art. 22 CTS; non si può escludere, difatti, che un ente non riconosciuto decida di iscriversi nel RUNTS come dotato di personalità giuridica; con ogni probabilità questa sarà un’opzione frequente, considerato che l’art. 22 CTS consente di ottenere la personalità giuridica con maggiore facilità rispetto al procedimento previsto dal DPR 361/2000.
2.2. L’intervento del Notaio
2.2.1. quando l’intervento del Notaio è necessario
Nelle delibere di adeguamento dello statuto alla nuova normativa l’intervento del Notaio, nel ruolo di segretario verbalizzante, è necessario:
(i) se la ONLUS è dotata di personalità giuridica;
(ii) se la ONLUS intende ottenere la personalità giuridica in occasione della decisione di adeguamento;
(iii) se la ONLUS è impresa sociale o intende divenire un’impresa sociale in occasione dell’adeguamento[14].
Per gli enti già dotati di personalità giuridica o che intendano contestualmente ottenerla l’intervento del Notaio è necessario:
- nelle deliberazioni che comportano iscrizione dell’ente nel RUNTS,
- nelle deliberazioni che comportino la dismissione dello status di Onlus, restando l’ente soggetto alle sole norme previste dal Codice Civile e dal D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361.
Con riferimento alla prima ipotesi, la Onlus che intenda assumere la qualifica di ETS dovrà attenersi alla disciplina dettata dal CTS e dalle altre norme che regolano gli Enti del Terzo Settore; in particolare, dovrà rispettare le disposizioni previste dagli artt. 22 e 47 CTS e dalle norme di attuazione contenute nel D.M. 106/2020.
L’art. 22, co. 2, CTS disciplina l’intervento del Notaio nel processo deliberativo dell’ente che sia già o intenda contestualmente divenire un ETS e abbia già o intenda assumere la personalità giuridica.
Il procedimento è più dettagliatamente regolato dal D.M. 106/2020, che dedica:
- l’art. 16 agli ETS di nuova costituzione che assumono la personalità giuridica;
- l’art. 17 agli enti già esistenti e già dotati di personalità giuridica che intendano divenire ETS;
- l’art. 18 agli enti già esistenti (anche se non ancora ETS) che intendano assumere la personalità giuridica.
Il Notaio è chiamato a svolgere due diversi controlli[15].
Il primo è il controllo di legalità, consistente nella verifica della “sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la costituzione dell’ente, ed in particolare dalle disposizioni del presente Codice con riferimento alla sua natura di ente del Terzo settore” (art. 22, co. 2, CTS).
Il secondo controllo riguarda la sussistenza del patrimonio minimo dell’ente, che l’art. 22, co. 4, CTS vuole non inferiore a 15.000 euro per le associazioni e a 30.000 euro per le fondazioni.
Se, all’esito dei controlli, il Notaio ritiene verificate le condizioni di legge, egli deve provvedere all’iscrizione dell’ente nel RUNTS entro venti giorni dal ricevimento dell’atto; qualora invece non ritenga sussistenti dette condizioni ne darà comunicazione motivata, entro trenta giorni, ai fondatori o agli amministratori dell’ente (art. 22, co. 3, CTS).
Dell’esistenza del patrimonio minimo il Notaio deve fare autonoma e specifica attestazione, come previsto dall’art. 16 del D.M. n. 106/2020. L’attestazione deve risultare dall’istanza di iscrizione o dalla documentazione allegata (non necessariamente dall’atto notarile, secondo quanto sostenuto anche dalla Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 9/2022)[16].
Nessuna espressa dichiarazione del Notaio deve invece conseguire al controllo di legittimità dell’atto costitutivo o della delibera, come ricordato dalla Massima n. 14 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano[17].
In tutti questi casi all’Ufficio RUNTS residua esclusivamente il controllo di regolarità formale della documentazione presentata dal Notaio, come peraltro confermato dalla Circolare n. 9 del 21 aprile 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Pare opportuno precisare che nel caso di una Onlus già dotata di personalità giuridica il registro delle persone giuridiche presso il quale essa sia iscritta sarà competente nel valutare la legittimità dell’adeguamento solo nell’ipotesi in cui l’ente non abbia contestualmente deliberato l’assunzione della qualifica di ETS. Se l’ente decide di divenire ETS, il registro delle persone giuridiche perde ogni competenza nel giudicare la legittimità della modifica adottata, dovendosi ricorrere alla sola procedura prevista dall’art. 22 CTS.
Si ricorda inoltre che l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche di una Onlus divenuta ETS rimane sospesa finché perdura l’iscrizione dell’ente nel RUNTS, a mente dell’art. 22, co. 1bis, CTS[18].
Quanto, infine, alle cooperative sociali, va ricordato che le norme che le disciplinano non sono state sostanzialmente modificate dalla riforma del terzo settore. Per tali enti, considerati Onlus di diritto vigente il D.Lgs. 460/1997 e ora imprese sociali (e quindi ETS) di diritto, non si rende necessario alcun adeguamento[19].
2.2.2. (segue) perdita ed acquisto della personalità giuridica non rappresentano una trasformazione dell’ente non lucrativo
Appare a questo punto opportuno precisare come sia stato sostenuto in dottrina che l’assunzione della personalità giuridica da parte di un’associazione non riconosciuta rappresenterebbe una ipotesi di “trasformazione” dell’ente, ai sensi dell’art. 42 bis c.c. Secondo questa lettura tra associazione riconosciuta e non riconosciuta vi sarebbe una differenza di tipo, sicché l’assunzione della personalità giuridica determinerebbe una vera e propria trasformazione[20], il che sarebbe confermato dall’ampiezza del concetto di trasformazione impostosi dopo la riforma del diritto societario[21].
Tuttavia l’interpretazione prevalente, già prima della introduzione dell’art. 42 bis nel codice civile[22], vuole che l’acquisto o la perdita della personalità giuridica non realizzi un procedimento di trasformazione dell’ente[23].
La questione deve essere oggi affrontata alla luce delle nuove disposizioni normative e, in particolare, dell’art. 22 del Codice del Terzo Settore e dell’art. 42 bis c.c. Invero, se da un lato l’art. 42 bis c.c. è stato interpretato nel senso che la norma individuerebbe tre diverse tipologie di enti (associazioni riconosciute, associazioni non riconosciute, fondazioni) che possono operare reciproche trasformazioni – sicché anche il passaggio da associazione riconosciuta ad associazione non riconosciuta rappresenterebbe una trasformazione[24] – dall’altro si può offrire una lettura della disposizione nel senso che la reciprocità di trasformazioni si realizzerebbe unicamente tra le associazioni (sia riconosciute, sia non riconosciute) da una parte, e le fondazioni, dall’altra parte.
In tal senso si dovrebbe intendere la mancata ripetizione nell’art. 42 bis c.c. della parola “associazioni” prima di “non riconosciute“: il legislatore accomunerebbe le due strutture associative al fine della loro trasformazione in (e da) fondazione[25]. Ancor più chiaro l’art. 22, co. 5, CTS, ove si distingue, tra i rimedi che l’ente dotato di personalità giuridica può adottare in caso di perdita del patrimonio minimo di oltre un terzo, la trasformazione dalla “prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta”, che, quindi, trasformazione non sarebbe.
Il dubbio esegetico si può inoltre risolvere attraverso una complessiva lettura dell’ordinamento, in conformità al criterio imposto dall’art. 12 disp. prel. c.c., e quindi richiamando la più chiara formulazione dell’art. 22, co. 5, CTS, nonché immaginando che la ragione per la quale il legislatore abbia voluto precisare, all’art. 42 bis c.c., che le associazioni che possono essere oggetto di trasformazione siano sia quelle riconosciute, sia quelle non riconosciute, trovi fondamento nella discussione che, sul punto, si era accesa in dottrina e in giurisprudenza prima della riforma. La norma avrebbe cioè inteso chiarire che anche le associazioni non riconosciute possono essere oggetto di trasformazione, circostanza di cui si dubitava precedentemente.
Per questo tipo di lettura (quella, cioè, secondo la quale l’ottenimento della personalità giuridica o la sua perdita non rappresenterebbero un’ipotesi di trasformazione dell’associazione) depone anche la Legge Delega (Legge 6 giugno 2016, n. 106) in attuazione della quale è stato emanato il Codice del terzo Settore, e la quale aveva voluto, all’art. 3, co. 1, lett. e), che la nuova disciplina si occupasse di regolare “il procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi“; ancòra una volta, quindi, il legislatore ha considerato enti tra loro diversi e possibili protagonisti della trasformazione da una parte le associazioni – in genere, e senza distinzione tra quelle riconosciute e quelle non riconosciute – e dall’altra parte le fondazioni[26].
A tale interpretazione aderiscono oggi sia la Massima n. 5 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano, sia gli studi del Notariato[27], sia il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il quale, con la Circolare del 27 dicembre 2018, n. 20, ha affermato che per i “passaggi da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e viceversa (…) si applica la disciplina ordinaria in tema di personalità giuridica“, e non, quindi, quella propria della trasformazione.
Per tutte queste ragioni sembra doversi concludere che il “passaggio” da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta, e viceversa, non sia da sussumere nel concetto normativo di trasformazione.
Al procedimento con cui l’associazione ottiene la personalità giuridica (o con cui la perde) non è dunque applicabile l’art. 42 bis c.c., ma l’art. 22 CTS. Sicché la Onlus che, adeguandosi al nuovo regime degli ETS, decida di assumere la personalità giuridica dovrà assoggettarsi alle verifiche patrimoniali previste dall’art. 22 CTS e rispettare i quorum per le modifiche statutarie; inoltre, chi ha agito in nome e per conto dell’associazione prima che essa abbia ottenuto la personalità giuridica non sarà liberato dalla responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 c.c. per tali obbligazioni[28].
2.2.3. quando l’intervento del Notaio non è necessario (ma comunque opportuno)
Non è raro che il Notaio sia richiesto di assumere il ruolo di consulente o di segretario verbalizzante anche in occasione di delibere assunte da enti che non abbiano e non intendano contestualmente deliberare l’acquisizione della personalità giuridica[29].
Al Notaio può anche essere delegato il compito di provvedere agli adempimenti successivi alla delibera assunta da una associazione non riconosciuta e, in particolar modo, alla iscrizione dell’ente nel RUNTS.
Invero, subito dopo la riforma, gli Uffici provinciali del RUNTS ritenevano che non fosse possibile per soggetti diversi dal rappresentante legale dell’associazione non riconosciuta presentare domande di iscrizione al registro o di modifica dei dati in esso già presenti. Tale facoltà non era riconosciuta nemmeno al Notaio che avesse ricevuto l’atto costitutivo o verbalizzato la delibera dell’organo competente a richiedere l’iscrizione nel RUNTS, nonostante quanto chiarito dallo studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 14-2022/CTS[30].
Tuttavia, all’esito della modifica disposta dall’art. 4 della Legge 4 luglio 2024 n. 104, l’art. 47 CTS prevede oggi espressamente la facoltà per il rappresentante legale dell’ente (o della rete associativa a cui l’ente eventualmente aderisca) di delegare ad altri il potere di domandare l’iscrizione nel registro. Il delegato può essere chiunque e, quindi, anche un Notaio, e la delega può senz’altro essere inserita nella stessa delibera verbalizzata dal Notaio delegato.
Pare opportuno ricordare come la verifica della sussistenza delle condizioni previste per la costituzione dell’ente quale ente del Terzo Settore e per la sua eventuale iscrizione in una particolare sezione del registro, allorché non vi sia stato l’intervento del Notaio, spetti all’Ufficio del RUNTS, secondo quanto disposto dall’art. 47 CTS.
Il controllo demandato all’Ufficio è disciplinato dall’art. 9 del D.M. n. 106/2020, ove, tuttavia, non si spiega l’esatta ampiezza delle verifiche che esso deve svolgere. Tale controllo, se l’ente non è dotato di personalità giuridica o non ne abbia deliberato l’assunzione, secondo la prassi si estende anche al contenuto sostanziale dell’atto di cui si chiede l’iscrizione e ciò anche nel caso in cui tale atto sia stato ricevuto dal Notaio.
Invero, l’art. 22, co. 2, CTS impone al Notaio la verifica della sussistenza delle condizioni previste dalla Legge per la costituzione dell’ente – delegando così all’Ufficio del RUNTS il controllo della sola regolarità formale della documentazione – in tutti i casi in cui il Notaio abbia “ricevuto l’atto costitutivo di una associazione o di una fondazione del Terzo settore” e, quindi, non solo se l’associazione abbia (o intenda assumere) la personalità giuridica.
Ciò ha portato alcuni interpreti a ritenere che il controllo notarile di legittimità sostanziale si sostituisca sempre a quello che l’art. 47 CTS conferisce all’Ufficio del RUNTS, anche qualora l’ente in questione non abbia la personalità giuridica o non ne abbia deliberato l’assunzione e, quindi, l’intervento del Notaio non sia necessario; tuttavia, tale lettura non è attualmente condivisa dagli Uffici Provinciali del RUNTS[31].
2.3. Elementi dello statuto da modificare
Anche qualora la Onlus non intenda divenire un ETS pare necessario che essa, con la definitiva abrogazione del D.Lgs. 460/1997, modifichi la propria denominazione, eliminando le parole “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o l’acronimo “Onlus“[32], nonché ogni riferimento statutario alla normativa istitutiva delle Onlus.
Maggiori sono invece le verifiche, e le conseguenti modifiche da operarsi, allorché la Onlus intenda divenire un ETS[33]. A tal fine, infatti, l’ente dovrà dotarsi di uno statuto conforme con la descrizione normativa che il CTS fa degli enti del terzo settore.
Senza voler ripercorrere per intero il contenuto del CTS, pare comunque opportuno ricordare almeno alcuni dei controlli che il Notaio è chiamato a compiere allorché riceva la delibera con cui una Onlus intende acquisire la qualifica di ETS, rimandando per un più completo approfondimento agli studi del Notariato e alle Circolari dell’Agenzia delle Entrate[34].
Innanzitutto, l’ente del Terzo Settore, per potersi considerare tale ai sensi del D. Lgs. 117/2017, deve svolgere una o più delle attività di interesse generale previste dall’art. 5 CTS[35]. L’elenco contenuto nell’art. 5 CTS è più ampio di quello contenuto nell’art. 10 del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 e solo in parte con esso coincidente[36].
Inoltre la ex Onlus dovrà, almeno: (a) integrare la propria denominazione con quella di Ente del Terzo Settore o con l’acronimo ETS o con altra denominazione più specifica (ODV, APS, Impresa sociale, Ente Filantropico); (b) mantenere la previsione del divieto di distribuzione degli utili (c) disciplinare la devoluzione del patrimonio in caso di sua estinzione, conformemente all’art. 9 CTS; (d) prevedere le modalità con le quali è possibile esaminare i libri sociali; (e) definire le materia di competenza esclusiva dell’assemblea; (f) disciplinare il funzionamento degli organi di amministrazione.
Qualora l’ente intenda assumere, oltre a quella di ETS, anche la qualifica di ODV (organizzazione di volontariato) o APS (associazione di promoziona sociale) o ancora di EF (Ente Filantropico) lo statuto dovrà adeguarsi alle disposizioni particolari che il CTS dedica a tali tipologie di enti all’art. 32 e ss.
2.4. Organi competenti e maggioranze necessarie per l’adeguamento
L’art. 101, co. 2, CTS contemplava la possibilità per le Onlus di modificare i propri statuti “al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria” con “le modalità e la maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria “. Tale facoltà è stata concessa inizialmente per un periodo di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del CTS e, da ultimo, è stata estesa fino al 31 dicembre 2023[37].
Ad oggi, salvo ulteriori interventi legislativi, la disposizione ha cessato di operare. Ne consegue che le decisioni di adeguamento alla disciplina del Terzo Settore debbono essere assunte dalle Onlus che intendano divenire ETS secondo le modalità e con le maggioranze normalmente previste per le loro modifiche statutarie. Difatti, anche qualora l’ente non intenda assumere la natura di ETS esso dovrà, almeno, modificare la propria denominazione[38].
La decisione di assumere la qualifica di ETS, e di modificare conseguentemente lo statuto dell’ente, deve essere pertanto deliberata dall’organo a cui il potere di operare tali modifiche è attribuito e secondo le procedure previste nel suo statuto, senza che ad esse si possa più provvedere “con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria“[39].
In mancanza di diversa previsione statutaria, per le associazioni opera la regola dettata dall’art. 21 c.c., secondo la quale l’assemblea delibera le modifiche statutarie con la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti. La disposizione regola le assemblee delle associazioni riconosciute, ma si ritiene senz’altro applicabile anche alle associazioni non riconosciute[40].
Nelle fondazioni la decisione deve necessariamente essere assunta secondo il procedimento previsto dallo statuto dell’ente[41].
2.5. Tassazione dell’atto di adeguamento
La disciplina relativa all’applicazione delle imposte indirette per gli ETS è contenuta nell’art. 82 del CTS. Tale articolo, ai sensi dell’art. 104, co. 1, CTS si applica “in via transitoria a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino al periodo d’imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo X secondo quanto indicato al comma 2, alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 iscritte negli appositi registri“[42].
Pertanto, fino al 31 dicembre 2025[43] dovrebbe trovare applicazione per le Onlus il regime fiscale transitorio e quindi l’art. 82 CTS, secondo il quale, in particolare: “Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o richiesti dagli enti di cui al comma 1 sono esenti dall’imposta di bollo“. Al medesimo risultato pratico (cioè all’esenzione dall’applicazione dell’imposta di bollo) si può peraltro giungere attraverso la disposizione contenuta all’art. 17 D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, la quale ha aggiunto l’art. 27 bis alla Tabella Allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, prevedendo che gli atti posti in essere dalle Onlus sono esenti da imposta di bollo[44].
Con riguardo all’imposta di registro, l’art. 82 CTS dispone che le modifiche statutarie sono esenti da tale tributo “se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni normative“. Si ritiene che l’esenzione spetti sia per le modifiche rese necessarie per adeguare lo statuto dell’ente alla riforma del Terzo Settore – anche allorché la modifica sia assunta successivamente al decorso del termine di cui all’art. 102, co. 2, CTS – sia per le modifiche normative non recate dal CTS[45]. Essendo l’abrogazione della disciplina delle Onlus stata disposta dall’art. 102, co. 2, CTS pare, dunque, possibile ritenere esente da imposta di registro la delibera di adeguamento della Onlus al CTS.
2.6. Le ONLUS che avevano già deliberato l’adeguamento sotto condizione sospensiva
Nel corso degli anni successivi alla entrata in vigore del Codice del Terzo Settore sono state molte le Onlus che hanno deciso di assumere la qualifica di ETS anche prima dell’istituzione del RUNTS.
In questi casi, spesso, l’ente ha deliberato le modifiche necessarie per divenire ETS assoggettando l’efficacia della decisione all’abrogazione del D.Lgs. 460/1997, così da garantire continuità tra il trattamento tributario previsto per le Onlus e quello concesso dal CTS[46].
Poiché l’abrogazione della disciplina delle Onlus sarà definitiva dal 31 dicembre 2025[47], per le Onlus che abbiano già deliberato l’adeguamento statutario con effetto dall’abrogazione del D.Lgs. 460/1997 è prossimo il momento di iscriversi al RUNTS e divenire ETS. Per quelle dotate di personalità giuridica sarà comunque necessario dimostrare di avere un patrimonio minimo almeno pari a quello richiesto dall’art. 22 CTS.
Tra la data della decisione di divenire ETS e quella di iscrizione al RUNTS può infatti essere trascorso molto tempo, sicché la documentazione contabile necessaria per provare la sussistenza del patrimonio minimo deve essere aggiornata, in modo da poter offrire una rappresentazione corretta del patrimonio dell’ente nel momento in cui esso assume la qualifica di ETS.
In mancanza di diversa indicazione legislativa si ritiene che la verifica del patrimonio possa essere effettuata sulla base di documenti contabili/patrimoniali aggiornati a una data non anteriore a centoventi giorni[48]. Il termine di venti giorni entro il quale il Notaio è invece tenuto a depositare la domanda di iscrizione dell’ente al RUNTS decorre dalla data dell’atto di deposito della documentazione contabile[49].
Le delibere di adeguamento condizionate all’abrogazione della disciplina delle Onlus contenevano spesso la delega al Presidente o ad altri componenti dell’organo amministrativo affinché essi potessero compiere quanto necessario per perfezionare l’iscrizione al RUNTS e, in particolare, potessero depositare presso il Notaio la documentazione relativa alla sussistenza del patrimonio minimo. Anche in mancanza di delega deve comunque ritenersi che i rappresentanti della Onlus possano recarsi presso un Notaio per il deposito della documentazione contabile e domandare così l’iscrizione al RUNTS.
Spiega la Massima n. 4 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano che se l’adeguamento dello statuto è stato verbalizzato da un Notaio diverso da quello che ha successivamente ricevuto in deposito la documentazione necessaria per l’iscrizione al RUNTS è quest’ultimo a dover provvedere all’iscrizione e, allo scopo, gli deve essere depositata copia autentica dello statuto risultante dalla delibera di adeguamento.
Pertanto, tutte le Onlus dotate di personalità giuridica che abbiano assunto la decisione di divenire ETS sotto la condizione della definitiva abrogazione della disciplina delle Onlus dovranno recarsi, per mezzo dei propri rappresentanti, da un Notaio – anche diverso da quello che aveva a suo tempo ricevuto la delibera di adeguamento – al fine di dare prova di avere un patrimonio minimo conforme ai limiti previsti dall’art. 22 CTS. Il Notaio, rilasciata l’attestazione, dovrà procedere entro venti giorni dal ricevimento dell’atto a presentare la domanda di iscrizione al RUNTS.
Note
[1] L’art. 102, co. 2, CTS prevedeva che l’abrogazione degli articoli da 10 a 29 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (e dell’art. 150 del Tuir – D.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917) decorresse “dal termine di cui all’articolo 104, co. 2″. Pertanto, l’abrogazione della disciplina delle Onlus era prevista a far data “dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, co. 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro“. Erano dunque due le condizioni previste affinché l’abrogazione divenisse effettiva: (a) l’operatività del Runts, condizione che si è verificata il 23 novembre 2021, in ragione del Decreto del Direttore generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 26 ottobre 2021, n. 561, e (b) l’autorizzazione da parte della Commissione Europea all’operatività delle disposizioni fiscali contenute negli artt. 77, 79, co. 2-bis, 80 e 86 CTS. Da quando il RUNTS è operativo non è stato più possibile presentare domande per iscrivere nuovi enti nell’Anagrafe unica delle Onlus, ai sensi dell’art. 38, ult. co., D.M. 106/2020.
[2] Il giorno 8 marzo 2025 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha infatti comunicato che “la Commissione Europea ha dato il via libera alle norme fiscali in favore del Terzo Settore“. Vedi anche M. Mattioni, Via libera (parziale) dell’UE alla fiscalità degli Enti del Terzo Settore, su questa rivista. La Direzione Generale Concorrenza della Commissione UE ha invero inviato una “comfort letter” al Ministero, dando una prima conferma dell’applicabilità delle norme in materia di imposte sui redditi degli enti del Terzo settore (articolo 79 del d.lgs 117/2017) e dell’esenzione da Ires per gli utili delle imprese sociali accantonati a riserva indivisibile (articolo 18 del d.lgs 112/2017).
[3] Il parere positivo della Commissione Europea all’applicazione delle norme fiscali di favore è probabilmente incompleto, poiché non riferibile a tutte le disposizioni fiscali in questione, nonché solo “preliminare“; la lettera si conclude infatti così: “Si prega di notare che le considerazioni sin qui svolte non costituiscono una posizione definitiva della Commissione, ma soltanto una valutazione preliminare da parte dei servizi della DG concorrenza, basata sulle informazioni fornite dalle sue autorità“: cfr. https://terzjus.it/articoli/ecco-la-comfort-letter-inviata-dalla-dg-competition-della-ue-al-mlps-relativa-ai-nuovi-regimi-fiscali-degli-ets/
[4] Con la stessa disposizione è stato peraltro modificato l’art. 101, co. 10, CTS, che assoggetta ora all’autorizzazione della Commissione Europea unicamente l’entrata in vigore dell’art. 77 dello stesso Codice.
[5] In realtà, al terzo comma dell’articolo è stato definito che le Onlus possono domandare l’iscrizione nel RUNTS entro il “31 marzo del periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, co. 10, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117“. Ora la norma deve ritenersi riferita, in forza della modifica all’art. 104 CTS disposta con il D.L. 84/2025, alla data 31 marzo 2026.
Come precisato dal sesto comma dell’art. 34, la Onlus che intenda assumere la qualifica di impresa sociale deve presentare la richiesta di iscrizione al Registro delle Imprese competente secondo la sua sede. Le imprese sociali, pur governate da un corpo normativo autonomo – quello contenuto dal D.Lgs. 112/2017- sono ETS per previsione dell’art. 4 CTS. Alle imprese sociali, quindi, oltre alle norme del D.Lgs. 112/2017 si applicano, come previsto dall’art. 1, co. 5 dello stesso decreto “in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto, le norme del codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, e, in mancanza e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita.”.
[6] Si vedano la Circolare Min. Finanze – Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. VI, n. 168/E del 26 giugno 2008, la Circolare n. 59/E del 31 ottobre 2007 dell’Agenzia delle Entrate e l’atto di indirizzo del 7 maggio 2008 dell’Agenzia delle ONLUS. Cfr. N. Riccardelli, Le Onlus al bivio della “riqualificazione” o della “dissoluzione” con lo spettro della devoluzione patrimoniale, in Manuale del Terzo Settore. Aspetti civilistici, fiscali e di bilancio, a cura di V. Ficari e N. Riccardelli, Milano, 2024, 618.
[7] In questo senso anche A. Fatarella, Disciplina transitoria e Onlus, in Terzo Settore, a cura di G. Sepio, Milano, 2023, 244; N. Riccardelli, Le Onlus al bivio della “riqualificazione” o della “dissoluzione” con lo spettro della devoluzione patrimoniale, cit., 618. Cfr. M.N. Iannaccone, Gli adeguamenti delle ONLUS, in Gli adeguamenti statutari e il diritto transitorio del terzo settore, a cura di G. Abbate, Milano, 2021, 85: “nella sostanza, sarà, dunque, necessario che l’ente predisponga un documento rappresentativo (redatto ai sensi dell’art. 20-bis, co. 1, lett. a), del d.P.R. 600/1973) della situazione patrimoniale, economica e finanziaria nel momento immediatamente anteriore all’assunzione della qualifica di ONLUS e uno analogo riferito al momento immediatamente successivo alla perdita della suddetta qualifica“.
[8] Con l’atto di indirizzo licenziato ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. a) del D.P.C.M. 21 marzo 2001, n. 329, approvato dalla Commissione in data 17 maggio 2011 e dal Consiglio il 25 maggio 2011.
[9] L’art. 73 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’art. 1, co. 74, Legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha infatti previsto che anche i trust siano soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle società.
[10] La mancanza di soggettività giuridica del trust è stata affermata, ad esempio, da Cass. civ., Sez. III, 10 febbraio 2020, n. 3128, in dejure.it; Cass. civ., Sez. III, 27 gennaio 2017, n. 2043, in dejure.it.
[11] Secondo detta sentenza “l’articolo 73 del TUIR, ha attribuito al trust la soggettività tributaria. In coerenza con la disciplina recata dall’art. 10 d. lgs. n. 460/1997, per effetto della quale l’iscrizione nell’anagrafe delle ONLUS comporta l’acquisizione di un’autonoma e distinta qualifica, con conseguente fruibilità di un regime tributario di favore. Per questo, l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 38/E dell’1 agosto 2011, aveva reso ammissibile l’iscrizione del trust all’Anagrafe medesima sulla base della sopra ricordata soggettività passiva, valevole ai soli fini tributari e della conformità alle condizioni richieste dal citato articolo 10 del d.lgs. n. 460/1997 (..) i due aspetti, quello fiscale e quello civilistico, non sono sovrapponibili. (…) La mancanza di soggettività giuridica, comporta che il Trust non possa essere configurato come ente (…) difettando uno degli elementi essenziali della fattispecie “ETS” disciplinata in detta disposizione.”.
[12] Osserva N. Riccardelli, Le Onlus al bivio della “riqualificazione” o della “dissoluzione” con lo spettro della devoluzione patrimoniale, cit., 619, come la norma non precisi entro quando andrebbe effettuato l’adeguamento statutario, che quindi pare preferibile realizzare entro il termine del 31 marzo 2026.
[13] Vedi anche infra § 2.3. Sulla possibilità di non utilizzare contestualmente tutte le denominazioni che identificano l’ente (ad es. “Cooperativa sociale impresa sociale ETS Alfa”), vedi la Massima n. 2 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano.
[14] La forma notarile appare necessaria ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, che impone l’atto pubblico per la costituzione dell’impresa sociale.
L’assunzione della qualifica di impresa sociale potrebbe convenire, in particolare, allorché l’ente sia commerciale secondo i parametri previsti dall’art. 79 CTS: cfr. A. Fatarella, Disciplina transitoria e Onlus, cit., 246. Sulla sorte delle imprese sociali Onlus vedi M.N. Iannaccone, Gli adeguamenti delle ONLUS, cit., 96 ss. e 114 ss.
[15] Sulla responsabilità disciplinare del Notaio che costituisca un ETS o riceva un atto di modifica dello statuto di un ETS vedi N. Atlante – F. Cirianni, L’iscrizione nel registro unico nazionale di atti degli enti del terzo settore con personalità giuridica, CNN, Studio n.8-2023/CTS.
[16] Si legga al riguardo lo studio di E.M. Sironi, Attestazione della sussistenza del patrimonio minimo degli ets, CNN, Studio n. 10-2022/CTS.
[17] La Massima recita: “La richiesta di iscrizione nel RUNTS effettuata dal notaio in esito al procedimento di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 22 del Codice del Terzo Settore presuppone l’avvenuta verifica da parte del notaio medesimo della sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la costituzione o per le modifiche statutarie (di cui al comma 6) dell’Ente del Terzo Settore. Pertanto la sussistenza di tali condizioni non necessita di alcuna specifica attestazione del notaio.”
[18] Secondo il quale “Per le associazioni e fondazioni del Terzo settore già in possesso della personalità giuridica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, che ottengono l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi delle disposizioni del presente articolo e nel rispetto dei requisiti ivi indicati, l’efficacia dell’iscrizione nei registri delle persone giuridiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 è sospesa fintanto che sia mantenuta l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Nel periodo di sospensione, le predette associazioni e fondazioni non perdono la personalità giuridica acquisita con la pregressa iscrizione e non si applicano le disposizioni di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000. Dell’avvenuta iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore nonché dell’eventuale successiva cancellazione, è data comunicazione, da parte dell’ufficio di cui all’articolo 45 competente, entro 15 giorni, alla Prefettura o alla Regione o Provincia autonoma competente”.
[19] M.N. Iannaccone, Gli adeguamenti delle ONLUS, cit., 93.
[20] A. Auricchio, voce Associazioni (in generale), in Enc. dir., v. III, Milano, 1958, p. 877: G. Capozzi, Le associazioni in attesa di riconoscimento, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1970. 467 ss.; M. Basile, Le persone giuridiche, II ed., 2014, 173 ss.; F. Loffreddo, Gli enti del terzo settore, cit., 246 ss. Vigente il solo D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, peraltro, l’evoluzione che portava un’associazione non riconosciuta ad ottenere il riconoscimento si riteneva regolata unicamente dall’art. 1, co. 3, escluso dunque qualunque richiamo del fenomeno nel concetto di trasformazione: cfr. M. Maltoni, Da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e la trasformazione degli enti del libro primo del codice civile, in Riv. Dir. Comm., 2019, 425.
[21] Inoltre, secondo i sostenitori di questa lettura, non vi sarebbe ragione per applicare discipline diverse nel caso in cui una associazione non riconosciuta ottenga la personalità giuridica, sia che ciò avvenga attraverso il mantenimento della struttura associativa sia che ciò derivi dall’assunzione della veste di fondazione: in entrambe le ipotesi il procedimento da seguirsi sarebbe quello descritto all’art. 42 bis c.c. Cfr. M. Maltoni, Da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e la trasformazione degli enti del libro primo del codice civile, cit., 430.
[22] M. Maltoni, Da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e la trasformazione degli enti del libro primo del codice civile, cit., 419.
[23] D. Rubino, Le associazioni non riconosciute, Milano, 1952, 27 ss.; G. Persico, Associazioni non riconosciute, in Enc. dir., III, Milano, 1958, 878 s.; F. Galgano, Diritto civile e commerciale, vol. I, Padova, 1999, 221 ss.; Pret. Fasano, 28 febbraio 1981, in Giur. it.; Trib. Milano, 10 aprile 1972, in Giur. it., 1973, I, 2, 210; Cass. 3 aprile 1978, n. 1498 citata alla nota 74 in A. Fusaro, Trasformazione, fusione, scissione degli enti del libro primo e degli ets, in Riv. not., 2018, 7 ss.
[24] F. Magliulo, Trasformazione, Fusione e scissione degli enti no profit dopo la riforma del terzo settore, in Riv. not., 2018, par. 7.3.2. Si potrebbe anche ritenere che la puntualizzazione sia dovuta alla circostanza che l’art. 42 bis c.c. è inserito in un capo, il Terzo del titolo secondo del primo libro, intitolato “Delle associazioni non riconosciute e dei comitati“, così da rendersi opportuno indicare che le norme in questione trovano applicazione anche per le associazioni riconosciute: così M. Bianca, Trasformazione, fusione e scissione degli enti del terzo settore, in Orizzonti del diritto commerciale, 2018.
[25] M. Maltoni, Da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e la trasformazione degli enti del libro primo del codice civile, cit., 420.
[26] M. Bianca, Trasformazione, fusione e scissione degli enti del terzo settore, cit.; M. Maltoni, Da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e la trasformazione degli enti del libro primo del codice civile, cit., 420 s. , il quale osserva peraltro che nel D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 più volte ricorre la locuzione “associazione, riconosciuta o non riconosciuta“.
[27] Si veda soprattutto lo studio di F. Magliulo, Il passaggio da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e viceversa, CNN, Studio n. 9-2023/CTS.
[28] F. Magliulo, Il passaggio da associazione non riconosciuta ad associazione riconosciuta e viceversa, CNN, Studio n. 9-2023/CTS, § 2 e la Massima n. 5 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano.
Considerare o meno il riconoscimento dell’associazione quale trasformazione comporta l’applicazione di una disciplina differente. Ai sensi dell’art. 42 bis, co. 3, c.c., per realizzare la trasformazione l’organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente, che contenga l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui all’art. 2500 sexies, co. 2, c.c.. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500 bis, 2500 ter secondo comma 2500 quinquies e 2500 novies c.c., in quanto compatibili. Così, in particolare, la trasformazione è efficace trascorsi sessanta giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari, salvo che consti il consenso dei creditori o il pagamento di coloro che non hanno dato il consenso. I creditori possono inoltre fare opposizione in applicazione dell’art. 2445, ult. co., c.c. Cfr. F. Magliulo, Trasformazione, Fusione e scissione degli enti no profit dopo la riforma del terzo settore, cit., par. 7.3.2. Ancòra, ai sensi dell’art. 2500 bis c.c., le nullità non potranno più essere fatte valere dal momento dell’iscrizione dell’atto di trasformazione nel registro unico nazionale del terzo settore. Infine, la responsabilità degli amministratori dell’associazione non riconosciuta per le obbligazioni dagli stessi contratte prima della trasformazione sarebbe regolata da quanto disposto dall’art. 2500 quinquies c.c., per i soci illimitatamente responsabili.
[29] Ovviamente la modifica dello statuto dell’ente che, pur potendo ricorrere a una forma diversa, abbia scelto la forma notarile per la sua costituzione, non deve essere ricevuta necessariamente per atto di Notaio: cfr. F. Loffredo, Gli Enti del Terzo Settore, cit., 193.
[30] N. Riccardelli, La legittimazione del notaio all’attivazione del procedimento pubblicitario nel runts, CNN, Studio n. 14-2022/CTS.
[31] Afferma M. Ceolin, Codice del Terzo Settore, a norma dell’articolo 1, co. 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, in Commentario del Codice Civile e codici collegati, Scialoja – Branca – Galgano, a cura di Giorgio De Nova, Bologna, 2023, p. 164, nt. 42: che “… sarebbe ben poco ragionevole assegnare il controllo sostanziale al notaio – recedendo a formale quello dell’ufficio – nel solo caso in cui si trattasse di riconoscere la personalità giuridica e non invece nel caso, di minor rilievo, di sola iscrizione a Runts a mezzo del ministero notarile, ma anche perché in questo senso porta la lettera dell’art. 18 d.m. n. 106/2020 che espressamente prevede per il caso di un’associazione non riconosciuta che richieda l’iscrizione al Runts l’applicazione del precedente art. 16 che, al comma 3°, non fa che riprendere sostanzialmente la previsione dell’art. 22 del Codice, limitando così i poteri dell’ufficio alla verifica della sola regolarità formale della documentazione“.
[32] M.N. Iannaccone, Gli adeguamenti delle ONLUS, cit., 78.
L’art. 10, co. 1, D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 prevede per le Onlus obbligatoriamente “l’uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS” “. L’art. 27 del medesimo Decreto dispone che: “1. L’uso nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico delle parole “organizzazione non lucrativa di utilità sociale”, ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno è vietato a soggetti diversi dalle ONLUS“. Invero anche quest’ultima disposizione è oggetto di abrogazione per effetto di quanto previsto dall’art. 101, co. 2, CTS.
Si veda anche D. Boggiali, M. Garcea, A. Lomonaco, Conservazione dell’acronimo Onlus da parte di consorzio di cooperative sociali, Quesito Terzo Settore n. 6-2022/CTS e Tributario n. 76-2022/T, secondo le quali ” l’utilizzo dell’acronimo Onlus, che è finalizzato all’applicazione dello specifico regime fiscale che caratterizza tale tipologia di enti (peraltro neanche necessario per le cooperative sociali), perderà ogni valenza qualificatoria quando diventerà definitiva l’abrogazione della relativa disciplina. Sennonché, la scelta di richiamare, nella denominazione dell’ente, una qualifica riferibile a una disciplina pur abrogata, benché non sembri vietata di per sé, potrebbe porre un rischio di decettività in ordine al regime cui l’ente risulta assoggettato, rischio da apprezzarsi anche in ragione del momento storico nel quale ci troviamo che, come ricordato, si caratterizza per una fase ancora “transitoria” della vigenza della disciplina delle Onlus.”.
[33] Sebbene, come ricordava M.N. Iannaccone, Gli adeguamenti delle ONLUS, cit., 74, la disciplina delle Onlus è stata ampiamente ripresa dal legislatore del CTS, dove si trovano “più sviluppate e più analiticamente regolamentate, alcune delle previsioni elencate nell’art. 10 del d.lgs. 470/1997“.
[34] Si veda soprattutto la Circolare del 27 dicembre 2018, n. 20 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal titolo “Codice del Terzo Settore. Adeguamenti statutari“. In dottrina pare opportuna la lettura, almeno, di M. Ceolin, Codice del Terzo Settore, a norma dell’articolo 1, co. 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, cit.; A. Fusaro, Gli enti del Terzo Settore. Profili civilistici, in Tratt. dir. civ. e comm., Cicu – Messineo, Milano, 2022; D. Boggiali, Atto costitutivo e statuto, in Manuale del Terzo Settore, cit., 439 ss.
[35] Sul tema, al fine di una corretta redazione della clausola statutaria con la quale si descrive l’attività dell’ETS, si vedano le Massime nn. 6 e 7 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano.
[36] N. Riccardelli, Le Onlus al bivio della “riqualificazione” o della “dissoluzione” con lo spettro della devoluzione patrimoniale, cit., 617.
[37] L’ultima proroga è stata realizzata ad opera dell’articolo 26-bis, co. 1, del D.L. 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2022, n. 122.
[38] Vedi anche supra il § 2.3.
[39] Il richiamo operato dalla norma alle maggioranze previste per l’assemblea ordinaria ha creato perplessità, giacché il codice civile non distingue, nella disciplina degli enti non lucrativi, tra assemblee ordinarie e straordinarie (cfr. N. Riccardelli, Gli adeguamenti statutari nel lungo periodo transitorio della riforma, in Gli adeguamenti statutari e il diritto transitorio del terzo settore, a cura di G. Abbate, Milano, 2021, 8) e non sono peraltro rari nemmeno i casi in cui lo statuto dell’ente non differenzia tra tipologie di delibere, imponendo i medesimi quorum per ogni tipo di decisione assembleare.
[40] Cfr., tra le altre, Cass. civ., Sez. I, 8 febbraio 2024, n. 3575, in dejure.it. Per l’applicazione diretta, e non analogica, delle norme in materia di persone giuridiche alle associazioni non riconosciute vedi F. Galgano, Associazioni non riconosciute e comitati, in Comm. del Codice Civile a cura di A. Scialoja – G. Branca, Bologna-Roma, 1976, 1829.
[41] La possibilità di modificare lo statuto delle fondazioni, un tempo discussa, si ricava dall’art. 2 del d.P.R. 361/2000. Vedi sul punto, ad es., M. Tamponi, Persone giuridiche, Artt. 11-35, in Cod. civ. comm., fondato da P. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2018, 253 ss.
[42] Con il Decreto Legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito in Legge 4 agosto 2022, n. 122, il legislatore ha peraltro esteso l’agevolazione a tutti gli Enti che rivestono la qualifica di ETS, poiché già iscritti nel RUNTS.
[43] Sul tema, e per una diversa lettura – contraria alla lettera della norma – secondo la quale la disciplina transitoria sarebbe venuta meno dal 1° gennaio 2022, vedi S. Ghinassi, Applicabilità delle agevolazioni fiscali in tema di ETS ad un’ONLUS non iscritta al RUNTS, risposta a quesiti tributari 109-2024/T del 22 novembre 2024.
[44] La disposizione del CTS si presenta quasi identica a quella contenuta nell’art. 27 bis della Tabella, all. b), D.P.R. 642/1972, se non fosse che essa è più ampia, perché applicabile anche a “ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato“.
[45] S. Ghinassi, La tassazione degli Enti del Terzo Settore (ETS), CNN, Studio n. 72 – 2018/T.
[46] Per un’analisi delle ragioni fiscali che rendevano conveniente questa scelta si veda, ad es., A. Fatarella, Disciplina transitoria e Onlus, cit., 244.
[47] Vedi supra § 1.2.
[48] Si vedano le Massime n. 3 e 4 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano. Il termine di 120 giorni deve essere riferito alla data della delibera con la quale l’ente assume la decisione di divenire ETS o, come chiarito dalla Massima n. 4, dalla data del successivo deposito della documentazione contabile se gli effetti della delibera sono stati condizionati. Si veda anche M. Avagliano, Iscrizione al runts degli enti del terzo settore e situazione patrimoniale aggiornata, CNN, Studion. 11-2022/CTS.
[49] Si tratta dello stesso dies a quo dal quale decorre il termine dal quale al Notaio è concesso comunicare all’organo amministrativo il diniego all’iscrizione dell’ente. Cfr. Massima n. 4 della Commissione Massime per il Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano.
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